GESÙ PREGA PER I SUOI DISCEPOLI
(Traduzione dal greco e commento a cura di d. Carlo De Ambrogio)
7«Adesso sanno che tutto ciò che tu mi hai dato viene da te; 8poiché le parole che tu mi hai dato io le ho date loro ed essi hanno veramente creduto che io sono uscito da te e hanno creduto che tu mi bai inviato. 9Io prego per essi; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dato, poiché essi sono tuoi 10e tutto ciò che è mio è anche tuo e tutto ciò che è tuo è anche mio e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo. Io invece vengo a te. Padre Santo, custodisci nel tuo nome quelli che tu mi hai dato perché essi siano uno come noi. 12Quando io ero con loro, io custodivo nel tuo nome quelli che tu mi hai dato. Ho vegliato su loro e nessuno di loro è andato perduto tranne il figlio di perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma adesso io vengo a te e dico queste cose, mentre sono ancora nel mondo, perché essi abbiano in se stessi la mia gioia nella sua pienezza 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha presi in odio, perché essi non sono del mondo, come nemmeno io sono del mondo. 15Io non ti prego di ritirarli dal mondo, ma di difenderli dal Maligno. 16Essi non sono del mondo come nemmeno io sono del mondo. 17Consacrali nella verità: la tua parola è verità. 18Come tu hai inviato me nel mondo, cosi io li ho inviati nel mondo. 19E per essi io consacro me stesso perché anch’essi siano consacrati nella verità».
(Gv 17, 7-19)
Adesso sanno. Emerge la parola-chiave: «adesso». Adesso glorificami; adesso sanno. Poi Gesù dirà: adesso io vengo a te. Il presente incombe su tutto il futuro. Adesso sanno che tutto ciò che tu mi hai dato viene da te. È la gioia del Figlio che sente di ricevere tutto dal Padre. Il fatto di ricevere, indica che il suo cuore è aperto alla riconoscenza, alla gioia, all’amore. E che cosa ha ricevuto?
Le parole che tu mi hai dato. Le parole! Che cosa ha dato di queste parole? Le ha trasmesse, le ha date loro. Gesù è la Parola pronunciata dal Padre e polarizzata sui terzi che siamo noi.
Le parole che tu mi hai dato, io le ho date loro» Trasmissione di confidenza: la Parola viene trasmessa, un qualche cosa di stupendo. Noi non ci facciamo nemmeno caso perché non abbiamo considerato mai che cosa è la parola, questo dono fatto all’uomo e nemmeno che cos’è la Parola divina.
Nel Prologo di S. Giovanni è detto che la parola è creatrice. «Sia la luce. E la luce fu» (Gn 1.3). In ebraico: «Iehi or». Leggendo il Genesi, sembra quasi di assistere al corso di un fuoco su una miccia; percorre tutto il filo, finché a un certo momento tocca il detonante e allora scocca una fiamma, una vampata di luce, come un’esplosione di lampi. Dalle tenebre alla luce. Il Padre ci ha strappato dalle tenebre e ci ha inserito nel Regno della luce meravigliosa del Figlio. Dio è Luce. Gesù è la Parola creatrice, la Parola illuminatrice, la Parola rivelatrice.
Le parole del Padre, Gesù le ha trasmesse, ed essi, in base alle sue parole, hanno veramente creduto che io sono uscito da te (uscito dal Padre), e hanno creduto che tu mi hai inviato. L’inviato fa tutt’uno col Padre: Io e il Padre siamo uno (Gv 10,30b).
Hanno creduto; hanno veramente creduto. La fede è ascolto della Parola; è adesione, apertura del cuore alla Parola di Dio.
Di nuovo un timbro di tenerezza, una flessione, uno sbalzo di voce nella preghiera di Gesù: Io prego per essi. Li ha attorno a sé. Giovanni, a cui dobbiamo tanta riconoscenza per questa preghiera sacerdotale, era attentissimo, l’incideva, con un’incisione che non si sarebbe più cancellata. Quando la scrive è già molto vecchio; tutti gli altri sono morti, sono già a casa; ricorda la scena dell’ultima cena, la preghiera del Giovedì Santo, dopo l’istituzione dell’Eucaristia.
Io prego per essi; non prego per il mondo. La sua scelta li ha staccati dal mondo. Il mondo va inteso come potenze ostili a Gesù, il mondo immerso nel peccato e nell’odio; il mondo che è tenebre, che è morte, che è lotta contro la luce.
Io non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dato. Tenerezza di Gesù: Quelli che tu mi hai dato. Tutta la preghiera dì Gesù è orientata, calamitata verso il Padre.
Sono tuoi! Tu me li hai dati.
Mi diceva un chierico teologo che fece tempo fa gli esercizi spirituali: l’ultima sera, quando alla celebrazione della Parola di Dio dinanzi a Gesù Eucaristico fu letta la preghiera di Gesù, sentì di colpo una specie di tuffo al cuore; la sua natura gli si ribellava e insorgeva dicendo al Padre: «Perché mi hai dato a Gesù? Addio, mia libertà. Ormai sono schiavo di lui», ma poi intimamente concludeva: «Che gioia essere schiavi di lui! ».
Essi sono tuoi e tutto ciò che è mio è anche tuo. Poi Gesù, conforme alla caratteristica semitica, rovescia la frase: e tutto ciò che è tuo è anche mio, quasi a indicare uno scambio, una padronanza vicendevole. La stessa frase echeggia nella parabola del figlio prodigo; dice il padre al figlio maggiore: «Tutto ciò che è mio è tuo» (Le 15,31b). Totalità di beni: tutto.
E io sono glorificato in loro. Ecco il sogno di Gesù; lo riassumerà alla fine della preghiera sacerdotale con una formula ancora più concisa: Io in loro. Ognuno di noi deve essere una lode di gloria del Padre; la gloria è il fulgore della presenza diDio, è la luce; una luce che trapela negli occhi, una luce che splende sul volto, una luce che soprattutto irradia quando si prega, quando si è in adorazione dinanzi a Gesù. Allora si capisce come Gesù possa essere glorificato in ciascuno di noi.
Io non sono più nel mondo. Ecco un pensiero che conforta: occorre proiettarci al di là della morte. Ma essi sono nel mondo, vivono ancora nella tempesta. La nostra vita è come un ciclone che ogni poco ci avvolge. Sentiamo allora lo schiocco delle folgori, sentiamo il rombo del tuono, sentiamo la sferza della pioggia, sentiamo la malinconia, la nebbia, la tristezza, tutto ciò che ci deprime. All’improvviso si ha uno squarcio di azzurro e poi di nuovo tutto si ricompone nella tenebra. È il mondo ostile che ci incapsula.
Io invece vengo a te. Gesù Io dice con gioia; è la gioia dell’incontro col Padre.
Io vengo a te. Padre santo. Santo dei santi, Dio è la santità stessa. Custodisci nel tuo Nome: difendi in te. Il Nome indica la realtà più profonda di un essere.
Quelli che tu mi hai dato. Custodisci con la tua tenerezza di Padre, quelli che tu mi hai dato. Perché questa custodia? Perché questa difesa? «Non temete», dirà Gesù tante volte. La frase «non temete» risuona quando ci si trova a contatto con il soprannaturale o in un momento di crisi terribile. C’è la tempesta sul lago? Non temete, dice Gesù. Ci opprime il buio? Non temete!
Perché ci custodisce? Perché noi si abbia a essere «uno». Totalmente «uno»! È il sogno dell’amore: fondersi insieme, l’io diventa tu; è un qualche cosa di fiabesco, di pazzesco, irrealizzabile quaggiù, anche nell’amore più forte, più rovente. Si realizza solo in Dio. Siano uno come noi: Io e il Padre siamo uno (Gv 10,30b).
Quando io ero con loro (Gesù dà uno sguardo retrospettivo agli anni della sua vita pubblica), io custodivo nel tuo Nome (in te) quelli che tu mi hai dato. Rivede i giorni, i mesi vissuti insieme in comunione di vita. Ho vegliato su loro. Gesù usa l’immagine che riprende anche su Gerusalemme: la chioccia coi suoi pulcini; li veglia, li accoglie sotto le sue ali, li protegge. È un’immagine che si ritrova anche all’inizio del Genesi, applicata allo Spirito Santo, che veglia sul creato come un uccello madre cova i suoi piccoli.
Ho vegliato su loro e nessuno di loro è andato perduto tranne il figlio di perdizione. Ecco un’espressione semitica: «figlio di perdizione». Noi non conosciamo il mistero di Giuda; Gesù non lo nomina mai col suo nome. Figlio di perdizione! Aveva detto in precedenza: «Guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio… se non fosse mai nato!» (Mt 26,24).
Perché si compisse la Scrittura. La Scrittura è la parola del Padre, è la volontà del Padre; occorreva che si compisse, si attuasse. Poi di nuovo Gesù passa da un banco di tenebre a una chiarità di luce: Adesso io vengo a te e dico queste cose, mentre sono ancora nel mondo (vengo a te, e faccio balenare il cielo), perché abbiano in se stessi la mia gioia nella sua pienezza.
Io ho dato loro la tua parola. Gesù rammenta i mesi trascorsi a custodire i suoi discepoli, a vegliare su di loro come la chioccia i suoi pulcini; rivede le lunghe istruzioni, il ritiro nel deserto, l’educazione impartita ai suoi discepoli, la trasmissione del suo messaggio, l’evangelizzazione.
Ho dato loro la tua parola (non dice la mia, dice la tua); e il mondo li ha presi in odio, perché essi non sono del mondo, come nemmeno io sono del mondo. Perché li ha presi in odio? Perché non li vuol vedere? Perché li vuol distruggere? Per il fatto che non sono del mondo, non accettano la mentalità del mondo; Gesù e i suoi sono incompatibili con il mondo.
Io non ti prego di ritirarli dal mondo.Il Concilio Vaticano II ha lanciato una formula classica: «Sempre più nel mondo, ma sempre meno del mondo », cioè sempre più liberi, sganciati dalla mentalità del mondo. Occorre avere la mentalità di Gesù per immergersi maggiormente nel mondo.
Io non ti prego di ritirarli dal mondo, ma di difenderli dal Maligno, Gesù aveva appena detto: «Andate»! Li manda come agnelli in mezzo ai lupi. Il Maligno è il demonio. Dio lo lascia libero fino a un dato tempo, con certe limitazioni perché abbia a setacciare, a mettere alla prova i buoni; l’amore vero, per essere autentico, va soggetto alla prova.
Consacrali nella verità. Ecco il verbo tipico, sacrificale e sacerdotale: consacrali. La tua parola è verità. Venivano consacrati con l’olio dell’unzione: il Sommo Sacerdote, il Profeta, il Re. Consacrali! la consacrazione voleva dire offerta totale a Dio, appartenenza esclusiva a lui. Ogni consacrazione al Padre avviene attraverso la parola di Gesù che è la Verità. Occorre essere immersi totalmente in lui.
Come tu hai inviato me nel mondo. Adesso che gli ho comunicato la tua parola, li invio nel mondo. Ognuno deve essere un «alter Christus». Li ho inviati nel mondo, come agnelli in mezzo ai lupi. Sono portatori della Parola di Gesù. Parola che è fuoco che incendia.
Per essi io consacro me stesso. Ecco di nuovo il verbo sacerdotale «sacrifico» me stesso: sacrificio, in offerta a Dio; totale, perché la crocifissione di Gesù sarà il massimo dell’amore.
Perché anch’essi siano consacrati nella verità. Con il sacrificio della croce Gesù ha ottenuto che cosa? Che ognuno di noi sia consacrato, quasi trasformato dalla parola di Gesù che è verità.
Tempo fa mi imbattei in due bimbi dell’asilo che dovevano presentare dei doni al Parroco, un bimbo e una bimba. Erano nel corridoio della casa parrocchiale e attendevano. Scambiai qualche parola con quei bimbi graziosi, intelligenti.
Nel parlatorietto c’era invece un uomo anziano; era un prete, venuto a chiedere aiuto. Mi raccontò la sua triste storia: aveva fatto gli studi nel seminario regionale sardo, poi si era specializzato a Roma in ingegneria, aveva conseguito la laurea. Attratto dalla vita religiosa, era entrato in una Congregazione appena sorta; desiderava dedicarsi all’apostolato in mezzo ai ragazzi. Dato il suo titolo di ingegnere, lo misero subito nell’amministrazione. Gli capitò un crac finanziario. Umiliato, deluso, dopo anni di vita religiosa, aveva chiesto la riduzione allo stato laicale.
Mi diceva, mentre l’accompagnavo verso il Cottolengo: «Ho fatto lo sbaglio più grande della mia vita a chiedere la riduzione allo stato laicale. Se uno venisse a domandarmi: mi consiglia di laicizzarmi? gli direi: No, per carità! Non farlo. Non si può immaginare che cosa si prova fuori nel mondo. Siamo rifiutati, allontanati, e ci rode una spaventosa amarezza. Certe volte non posso andare in chiesa perché se sento predicare, mi viene il pianto. Io predicavo anche quattro o cinque volte al giorno, nel mese di maggio: ero tanto attaccato alla Madonna!».
Adesso che cosa fa? Sta risalendo la china. Ha quasi finito di pagare i debiti. Mi disse: «Voglio ritornare prete; non ne posso fare a meno; questo è stato sempre il mio sogno. Da ragazzo dovetti lottare contro la famiglia per farmi prete; in seguito che crollo! È stata una purificazione; sento che consacrato a Gesù, non posso più staccarmene».